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ASD Cheraschese
Dal 1904 al 1944

Alla fine della Prima Guerra Mondiale anche Cherasco pagò il suo contributo di caduti alla Nazione. Secondo un conteggio effettuato negli anni 1920-’21, furono quasi duecento i Cheraschesi che non fecero più ritorno a casa 

Nel 1917 la città piombò in una crisi profonda, e sebbene non mancarono effettivamente mai le scorte mensili programmate, si dovette ricorrere al razionamento del pane, delle farine e dei cereali, per sopravvivere alle carenze portate dal conflitto

Chi ebbe la fortuna di tornare nel ’18 – ‘19 si trovò davanti una situazione drammatica, con la produzione delle campagne piombata ai minimi storici 

Per certi versi il dopoguerra, a Cherasco, fu più duro dell’evento bellico stesso

Pian piano la vita riprese, e il sindaco dimessosi quattro anni prima, Carlo Galli Della Mantica, riacquistò il 22 marzo 1919 la “sua” poltrona in Municipio.
Nel ’21 si stanziarono sessanta mila lire per la costruzione della strada di Rio Tiglietto, per la riattazione di quella che portava a Cervere e perfino per lavori di miglioria e ampliamento del cimitero. 
Il ridimensionamento di Cherasco corse inesorabile: nel 1921 la città venne privata, dopo molte polemiche, della Pretura 
Neanche le reiterate proteste della popolazione, proseguite fino al 1925, fecero cambiare idea a Roma.
Intanto la popolazione continuava a invecchiare e diminuire, nonostante i dati del censimento ufficiale sembrassero certificare il contrario: 8.562 abitanti nel 1921, 8.937 nel ’31, 8.309 nel 1936.
Ma si stava insinuando, anche a Cherasco, il cancro del fascismo. Carlo Galli della Mantica fu costretto di nuovo a dimettersi(…) Fu nominato Podestà Giuseppe Farinetti, che restò in carica fino al 1933, quando, dopo un periodo di commissariamento durato 4 mesi, gli subentrò l’industriale Enrico Chicco, già commissario straordinario (dopo Lecchi) poco tempo prima. 
Nel 1925 il PNF cercò di prendere possesso di tutte le istituzioni della città, e contemporaneamente cominciò la personale verifica di quanti cittadini fossero già iscritti al partito.
Nel 1929 le elezioni nazionali portarono al solito consenso plebiscitario al regime: a Cherasco votarono il fascio il 93% dei cittadini. 
La vita cittadina era ormai segnata e si svolgeva secondo le tempistiche e le iniziative fasciste: si svolgevano quasi settimanalmente manifestazioni (di ogni sorta, ma le più seguite erano quelle sportive, anche se il football non era certo lo sport di regime...), organizzate dal partito, che terminavano sempre con il discorso di ex-combattenti e l’esposizione di ogni sorta di vessilli e drappi neri da parte dei giovani Balilla.



Il fascismo si era impossessato, anche con la forza, della vita dei Cheraschesi, ma non del cuore della maggioranza della popolazione. Ancora nel 1933, da Cuneo, si pretese che il Podestà di Cherasco svolgesse un’indagine per verificare la “fascistizzazione” degli enti funzionanti nella città. 
E i più cedettero solo di fronte alle minacce e alle violenze ripetute. Così risultò che nell’amministrazione delle Opere Pie ci fossero due persone (Francesco Raselli e Eugenio Pelizza) ancora non iscritti al partito, che al Monte di Pietà, Opera Pia Oberto, la maggioranza dei membri non fosse “ufficialmente” fascista (Pantaleo Tortoroglio, Francesco Donato, Giuseppe Ferrua, Antonio Cravero e Luigi Icheri), come anche nel direttivo del Ritiro Figlie Maestre di Cherasco, dove c’era ancora tale Felice Brogni che rifiutava (!) la tessera.
Nel 1935 i venti di guerra e di devastazione cominciarono a soffiare in tutta Italia e anche a Cherasco, ancora sanguinante per le ferite riportate dal primo conflitto mondiale, la vita cambiò quasi all’improvviso, con la ripresa costante e metodica delle esercitazioni dell’esercito. Dispacci militari ripresero a diventare l’ordine del giorno.
Ci si preparava, con gli echi dell’altra guerra ancora nella testa e il pensiero a quello che di lì a poco sarebbe capitato. Anche partecipando alle campagne di colonizzazione tanto care al fascismo. Molti Cheraschesi che andarono a combattere in Africa tornarono poco entusiasti di quello che avevano visto.
Lo stretto rapporto dell’Italia con Germania e Austria e l’appoggio alle “leggi razziali”, poi, furono la goccia che fece traboccare il vaso, e che portò Cherasco, quasi subito, ad abbracciare le idee liberali della Resistenza.